Premierato. Bonetti: «Si rischia un Paese più fragile anche di fronte alle crisi»
L'ex ministra della Famiglia (Per) sulla riforma: capo dello Stato indebolito, lecito partire dal Senato ma servono dialogo e sintesi.
Il testo sul premierato proposto dal governo non convince Elena Bonetti, ex ministra della Famiglia e presidente di “Per” (nuova formazione di centro fondata assieme a Ettore Rosato): questo perché, spiega, una riforma così concepita «renderà il Paese meno resiliente».
Bonetti, cosa non va nel testo dell’esecutivo?
Ma in che modo?
La democrazia si consolida quando favorisce percorsi che portano a trovare sintesi comuni. Di fronte alle sfide del Paese, il dialogo e la mediazione hanno rappresentato sempre passi di sviluppo del processo democratico. L’Italia rinasce come Paese nell’Assemblea costituente proprio grazie a questo metodo della sintesi. La riforma, invece, polarizzando le posizioni e cristallizzandole su una maggioranza predeterminata, rende inutile il dialogo parlamentare, sia nei confronti del governo, ma anche tra le forze politiche.
E perché il Paese sarebbe meno resiliente?
Laddove l’Italia dovesse trovarsi in un momento di crisi, con un governo debole, non potrebbe trovare soluzioni di unità nazionale che possano mettere in campo, non solo personalità, ma anche programmi condivisi. Ci troveremmo costretti ad andare al voto e a rendere il Paese ancora più fragile. Pensi se fossimo stati costretti al voto in pandemia anziché avere il governo Draghi.
Che ne pensa dell’idea di partire dal Senato?
È lecito che il governo scelga in quale Camera iniziare. Purtroppo sembra una scelta tattica, ma invito l’esecutivo ad avere un atteggiamento di promozione di dialogo e di coinvolgimento fattivo di entrambe le Camere, perché riforme così importanti si devono fare insieme.
Cambiamo argomento: che opinione ha delle misure messe in campo per le famiglie?
Il governo sta portando avanti misure che avevamo già iniziato nel governo Draghi, ma senza dare attuazione al Family act manca la componente strutturale. In quella legge non ci sono misure spot o singoli interventi, ma una visione organica del nostro welfare con un approccio sistemico e strutturale a favore delle famiglie. Purtroppo siamo ancora in attesa dei decreti attuativi: proprio perché era ampiamente sostenuta dalle forze oggi al governo, meriterebbe di essere applicata.
E dell’assegno unico che idea si è fatta?
La legge di Bilancio lo indebolisce, perché si fa un passo indietro rispetto alla logica che lo aveva ispirato: introducendo una misura di decontribuzione solo per le madri lavoratrici a tempo indeterminato si escludono le altre categorie. L’assegno invece è uno strumento universale che già prevede un aumento per ogni figlio nel caso di entrambi i genitori lavoratori. Con le stesse risorse che il governo ha stanziato per la decontribuzione si può aumentare questa parte aggiuntiva dell’assegno, dando piena attuazione alla riforma e con un effetto universale per tutte le donne, altrimenti si fa una discriminazione. Speriamo che la maggioranza possa accogliere questa nostra proposta.
Veniamo a “Per”. C’era davvero bisogno di un nuovo partito al centro?
“Per” non è un partito e non è nato per parcellizzare il centro. Al contrario: il centro politico ha senso come spazio di incontro di posizioni diverse attraverso il dialogo e la sintesi. “Per” vuole unire le forze presenti nel Paese (anche dall’associazionismo e dalla società civile) per fare di tante esperienze frammentate e varie sensibilità politiche una sintesi condivisa , che porti avanti un progetto politico e si ispiri ai valori della Costituzione. Questa è la tradizione del centro, far incontrare ciò che nel Paese è tentato dalla divisione.